venerdì 20 marzo 2015

Il vampiro allo specchio: amori gay dei principi delle tenebre

Vardalek e Gabriel
“Scholar, connoisseur, drunkard, poet, pervert, most charming of men”, così William Butler Yeats, poeta irlandese, definisce il Conte Eric Stenbock, discendente di una regina consorte di Svezia, nonché bis-bisnipote del filosofo Immanuel Kant, morto giovane e qui evocato in quanto autore gay di “La vera storia di un vampiro” che, in ambito maschile, corrisponde a ciò che “Carmilla” di Joseph Sheridan Le Fanu (1872) rappresenta per la parte femminile: il primo racconto di vampiri nel quale si narra in modo esplicito (per l’epoca) una liaison fra due persone dello stesso sesso.
“La vera storia di un vampiro”, pubblicata nel 1894 (tre anni prima dell’uscita del “Dracula” di Bram Stoker) all’interno della raccolta “Studies of death: romantic tales” è un testo estremamente interessante, e non solo per il primato di cui sopra, ma anche perché, oltre a vantare uno stile linguistico sorprendentemente moderno rispetto a quello vittoriano, offre una descrizione del Conte Vardalek [1] che apparenta l’immagine del vampiro molto più al Lord Ruthven di John William Polidori (1815) e ai futuri vampiri di Anne Rice che alle versioni folcloriche [2] e stokeriane [3] del “mostro” bevitore di sangue. 

Ecco come Carmela Wronski, sorella maggiore di Gabriel (la vittima di Vardalek), e voce narrante del racconto, ci descrive il Conte:

“(…) Era abbastanza alto, con bei capelli ondulati e piuttosto lunghi, che accentuavano una certa effemminatezza del viso liscio. (…) I lineamenti erano fini; e aveva lunghe mani attraenti, sottili e magre, un naso un po' lungo e sinuoso, una gradevole bocca, e un affascinante sorriso, che contraddiceva l'intensa tristezza nello sguardo.” [4]

Vardalek è un gentiluomo bello, colto ed elegante, tanto affascinante da soggiogare e sedurre il giovane Gabriel (solitamente selvaggio e scontroso per via del sangue gitano che ha ereditato dalla madre, ci dice Carmela) e che – lo scopriamo più avanti nel racconto - oltre all’avvenenza fisica e alla bravura al pianoforte, è dotato di un altro sorprendente talento, una predisposizione d’animo che fino ai vampiri della Rice non ritroveremo più così intensa: la capacità di amare la propria vittima e di struggersi per l’ingrato compito di doversene saziare a beneficio della propria non-morte (o non-vita).
D’altra parte, quale precursore di “Intervista col vampiro” per quanto riguarda la figura del vampiro dandy, gay e capace di amare, Stenbock non cessa di stupirci (e deliziarci) nemmeno quando andiamo a frugare nel resto della sua produzione letteraria e scopriamo che alcune sue precedenti poesie a tema vampirico sono state portate in musica da Marc Almond e Michael Cashmore in un CD intitolato “Gabriel & The Lunatic Lover”.



Eric Stanislaus Stenbock (1860-1895)


Marc Almond (1957)


Dracula e Jonathan Harker
La bellezza del vampiro e l’amore di questi per un giovinetto, dicevamo, sono i gli elementi cardine del racconto di Stenbock. Elementi che lo differenziano nettamente dal romanzo di Stoker anche se, a una più attenta lettura, scopriamo che nemmeno “Dracula” (1897), seppure limitandosi all’allusione (e quindi mettendo al riparo il suo autore da quelle che all’epoca erano accuse estremamente pericolose) riesce a sottrarsi alla potenza sovversiva che il vampiro in letteratura porta sempre con sé e che contribuisce ad amplificarne la forza seduttiva, tanto da renderlo un mito moderno, fonte continua di interpretazioni e reinterpretazioni letterarie, cinematografiche e perfino filosofiche e antropologiche.
 
Il vampiro è un sovversivo non solo perché è in grado di ribaltare l’ordine del cosmo facendo della morte una non-morte, ma anche perché, come nel caso di Dracula, sfida apertamente la società borghese e la sfida proprio su un terreno che essa crede di controllare: la sfera delle emozioni e della sessualità.
 
Non è un caso, allora, che la prima vittima del Conte transilvano sia proprio Jonathan Harker e che il passo riportato di seguito, nel quale il giovane procuratore si aggira incautamente per il castello e incontra tre vampire, sia il solo, in tutto il romanzo, nel quale Dracula usa il verbo “amare”.
Dal diario di Jonathan Harker (mattino del 16 maggio):
"(...) Con voce che, sebbene bassa, anzi quasi un sussurro, sembrava squarciare l'aria e rimbombare nella stanza, [il Conte] ha detto: "Come osate toccarlo, voialtre? Come osate mettergli gli occhi addosso, quand'io ve l'ho proibito? Indietro vi dico! Quest'uomo appartiene a me! Attente a non tentare di avvicinarlo, o avrete a che fare con me."
La fanciulla bionda, con una risata di ribalda civetteria, ha ribattuto: "Tu, tu che mai hai amato, che sei incapace di amare!"
Le altre si sono unite a lei in una risata priva di gaiezza, dura, inanimata, (...) la si sarebbe detta un'allegria da demoni.
Poi il Conte si è volto e, dopo avermi scrutato attentamente, ha detto in un lieve sussurro: "Sì, anch'io so amare. (...)"

Sappiamo, però, che nonostante tale dichiarazione da parte del suo intrigante ospite, Jonathan si darà alla fuga. Nulla di strano, verrebbe da pensare. Chi non cercherebbe di mettersi in salvo da un vampiro?
Eppure, se si sceglie di illuminare la scena precedente alla luce di quella  forza seduttiva che il Conte userà soprattutto con Lucy e Mina, allora viene lecito chiedersi: da cosa sta fuggendo veramente Harker?
 
Forse non tanto dal “mostro” in sé, quanto piuttosto dalla presa di coscienza che il futuro gli riserva un matrimonio (con Mina) che “crede” di desiderare, quando invece la sua natura primigenia, impersonata dal Conte, lo porterebbe a fare esperienze di tipo ben diverso. [5] È, infatti, esattamente in quel momento, quando Dracula lo reclama per sé e lo strappa alle grinfie delle sue concubine vampire, che Jonathan capisce di non potersi opporre: il Conte è troppo forte e l’unica soluzione è fuggire.

Da "Bram Stoker's Dracula" di Francis Ford Coppola (1992)

Gary Oldman interpreta Dracula





















































































































Keanu Reeves interpreta Jonathan Harker


Niki e Louis, i grandi amori di Lestat
Se Jonathan Harker fugge da Dracula, anche il protagonista di “Scelti dalle tenebre” di Anne Rice (1985) scappa ma, nel suo caso, si tratta di una fuga dalla casa paterna, luogo nel quale non può esprimere le sue attitudini artistiche e, tanto meno, le proprie emozioni.
È così che, insieme all’amico Nicolas de Lenfent (Niki), il quale diventerà ben presto suo amante, il giovane e non ancora vampiro Lestat lascia la provincia e giunge nella Parigi settecentesca, la grande città che per ben due secoli continuerà a rappresentare, oltre alla promessa d’amore,  l’eldorado di generazioni e generazioni di scrittori, poeti, attori, pittori e musicisti, non ultimi, tanto per ricollegarsi alla cultura di provenienza della Rice, i beat americani.
[6]  

Qui Lestat e Niki possono finalmente vivere la loro relazione alla luce del sole e mentre il primo intraprende la carriera di attore, il secondo diventa violinista. Ma il destino ha in serbo un dono tenebroso che porterà i due amanti a separarsi: il vecchio vampiro Magnus [7] rapisce Lestat e lo inizia con la forza ai segreti dell’oscurità, dopodiché si annienta col fuoco, facendo del suo erede un uomo ricco ma completamente privo di una guida. Lestat, infatti, si trova di colpo proiettato in una non-vita frivola e spietata, tipica del libertino sadiano fin de siècle, dalla quale riuscirà a staccarsi (solo in parte) salpando verso un nuovo mondo, profondamente diverso dall’Europa decadente del suo apprendistato vampirico.
 
Sarà in America, dunque, che Lestat e Louis de Pointe du Lac (voce narrante di “Intervista col vampiro”) si incontreranno e nonostante le crisi di coscienza e i sensi di colpa del secondo, formeranno addirittura una famiglia vampirica insieme alla piccola Claudia.

Tom Cruise e Brad Pitt interpretano Lestat de Lioncourt e Louis de Pointe du Lac in "Intervista col vampiro" di N. Jordan (1994)

Kit Marlowe e la poesia che sopravvive
Famiglia vampirica che, per concludere con un esempio esclusivamente cinematografico dopo tanta letteratura, è anche un tema presente nel film di Jim Jarmusch “Solo gli amanti sopravvivono” (2013).
Accanto alla coppia etero Adam + Eve (e sorella annessa) compare, in veste di anziano e distinto vampiro gay dallo spirito bohémien, Kit Marlowe
[8] (interpretato da John Hurt), che vive a Tangeri [9], continua a scrivere poesie e fornisce, grazie a una serie di agganci con le emoteche, sangue puro agli altri membri del clan.
Ed è proprio il Christopher Marlowe poeta gay che Eve, la componente della coppia “evoluta”, forte e tesa al futuro
[10], ama come un padre e venera come il Maestro i cui versi immortali dimostrano che, in fondo, solo grazie all’amore e alla bellezza, l’uomo è davvero capace di sopravvivere al tempo e vincere la morte. 

Tilda Swinton e John Hurt interpretano Eve e il poeta Christopher Marlowe in "Only lovers left alive" di J. Jarmusch (2013)

Per vedere questo articolo pubblicato su Pride, fai clic qui

[1]  Non è un caso che il Conte si chiami Vardalek. “La famiglia del vurdalak” (1839) è un racconto di Aleksej Tolstoj (lontano cugino di Lev) e il nome “vurdalak” è una derivazione russa di “varcolac”, che a sua volta viene da “brucolaco”, ossia le versioni slave e greche di “vampiro”.
[2] I vampiri del folclore assomigliavano più agli zombies che ai dandies.
[3] Nel romanzo di Stoker il Conte Dracula viene descritto da Mina come: “(…) un uomo alto, magro, dal naso a becco, baffi neri e barba a punta (…) Non aveva certo un volto onesto: il suo era un viso duro, crudele, sensuale, e quei grandi denti candidi, che tanto più bianchi apparivano perché così rosse erano le labbra, erano aguzzi come quelli di un animale.” In “Dracula” di Bram Stoker, trad. it. a cura di F. Saba Sardi, Mondadori, 1979.
[4] La vera storia di un vampiro” di Stanislaus Eric Stenbock, trad. it. in “Prima di Dracula. Rare storie di vampiri dell’Ottocento”, a cura di Fabio Giovannini, Stampa Alternativa, 1999. 
[6] Allen Ginsberg, insieme al compagno di una vita, Peter Orlovsky, soggiornò a Parigi dal 1957 al 1963, dove ben presto fu raggiunto da Gregory Corso, William Burroughs e altri. 
[7] Ebbene, per una singolare coincidenza, che ci porta a supporre che Anne Rice si sia ispirata al Conte Eric Stenbock per il suo personaggio, il secondo nome di battesimo di quest’ultimo era proprio Magnus. Inoltre, così morì Eric Stenbock: stava brandendo un attizzatoio, durante una crisi di furore, quando ci cadde sopra, uccidendosi nel caminetto. Fu sepolto nel cimitero cattolico di Brighton ma il suo cuore fu mandato in Estonia, la terra dei suoi padri.
[8] Christopher (Kit) Marlowe, poeta inglese (1564 – 1593), sulla cui morte prematura sono stati avanzati dubbi, nonché (secondo alcuni interpreti) presunto vero autore delle opere attribuite a Shakespeare. 
[9] Prima di Parigi, Ginsberg e Orlovsky soggiornarono per un breve periodo a Tangeri. 
[10] Eve rispetto ad Adam, usa i dispositivi digitali, viaggia in aereo e, nella scena finale, non manifesta preferenze riguardo al genere della vittima, mentre il marito ribadisce “io mi prendo la ragazza”.

 Per ritornare al saggio fai clic sul pulsante "Back" del browser.

2 commenti: