martedì 3 novembre 2015

Recensione a "La Sentinella" di Claudio Vergnani

Leggere La Sentinella, il romanzo di Claudio Vergnani pubblicato da Gargoyle Books, mi ha fatto provare sensazioni simili a quelle che di solito mi davano i libri di Philip Dick, uno fra tutti: Le tre stimmate di Palmer Eldritch. Inquietudine per via dell'ambientazione post-apocalittica che, volente o nolente, rende visibili i peggiori incubi sul futuro, e, allo stesso tempo, familiarità, perché il protagonista è un uomo "comune" che, pur trovandosi in una situazione fuori dal comune, in qualche maniera riesce a mantenere la propria umanità.

Se da un lato La Sentinella è un romanzo distopico che segue la miglior tradizione da Wells a Matheson, fino a Orwell, Vonnegut, Bradbury e Dick stesso (per citare solo alcuni famosissimi fra tanti altri autori molto noti anche grazie a svariate trasposizioni cinematografiche delle loro opere), dall’altro si tratta di un testo nel quale la frattura tra l’umano e il mostruoso è portata all’estremo e rievoca orrori profondi, simili agli abissi spirituali che nelle agiografie corrispondono alle tentazioni dei santi e nelle canzoni di gesta alle prove sopportate dai guerrieri. Abissi che, del resto, appartengono a noi tutti e dei quali abbiamo prima o poi fatto esperienza, seppure in contesti molto più "quotidiani".

Questa, perciò, non vuole essere tanto una recensione, quanto una serie di brevi note di viaggio: il viaggio che ho fatto seguendo le orme del protagonista fra cimiteri, deserti, cripte, cunicoli e altri luoghi infestati da insetti e predatori di varia foggia che ne saggiano, in un crescendo spietato e avvincente, la resistenza fisica - ma soprattutto la rettitudine d'animo - e che si ricollega al motivo per il quale all’inizio ho tirato in ballo Dick e il suo Palmer Eldritch.

Citando Carlo Pagetti, che nella prefazione all'edizione italiana dell'opera di Dick (Fanucci, 2003) parla di "cupo fascino metafisico", direi infatti che anche il romanzo di Vergnani emana questo genere di fascino praticamente a ogni voltar di pagina semplicemente perché La Sentinella è un racconto metafisico, nel senso più "ortodosso" del termine, dal momento che narra di una riconquista della dimensione umana in un mondo che di umano non ha quasi più nulla.

Inoltre, se il Barney Mayerson dickiano è immerso in una pseudo-realtà generata dalla droga spacciata dal demoniaco Palmer Eldritch, il protagonista senza nome del romanzo di Vergnani si muove, a sua volta, in un mondo devastato dal compimento della più grande delle illusioni (la vittoria del Bene sulla Terra)e dominato da un'istituzione religiosa, la Chiesa Cattolica, il cui capo sembra essere un vecchio più in odore di alcolismo che di santità.

Un Pontefice imbelle, rammollito dal ruolo che indossa, al pari delle proprie scarpette rosse, le quali si riveleranno completamente inadatte ad affrontare le impervie strade del mondo reale che sarà obbligato a percorrere per sfuggire a un Nemico forse imparentato con antichi principi infernali o, più semplicemente, schiacciato dai fantasmi del Potere, il dio che tutto divora.

Sarà, infatti, per salvare il Papa dagli intenti cannibali di una Sentinella traditrice che il nostro "Milite Ignoto", dopo essersi formato tramite un durissimo allenamento intrapreso allo scopo di dare un senso alla propria esistenza ed essere entrato nell'Ordine, affronterà una serie di prove se possibile ancora più dure, che ne testeranno il coraggio, la volontà, la lealtà, l'umiltà e la capacità di accettazione di misteri nei quali non è lecito penetrare se non con una trasformazione interiore tanto radicale del proprio essere da potersi chiamare "morte", e infine approderà a una coscienza di sé pienamente umana, un risveglio dalla grande illusione del Potere che gli consentirà di togliersi dalle spalle il fardello (il Pontefice, nel romanzo, ma fuor di metafora anche il perenne conflitto fra riporre la fede in qualcosa di altro da sé stessi o abbandonarsi alla fiducia in ciò che si è) e di fare ritorno a casa.

Di più: ne La Sentinella Vergnani è capace di non cedere alla tentazione di passare dalla distopia all'ennesima utopia e, pur offrendoci descrizioni vivide e puntuali non solo della lotta spirituale che la Sentinella sostiene dalla prima all'ultima riga del romanzo, ma anche dell'addestramento al quale si sottopone l'aspirante soldato di Dio - un training che assomiglia parecchio a quello di certi corpi militari speciali, francesi e statunitensi, nonché alle pratiche in voga presso vari ordini di monaci guerrieri impegnati in Terra Santa, su entrambi i fronti, diversi secoli fa – resta sempre attaccato alla dimensione umana dei propri personaggi, privilegiando le voci che vengono dal "basso" e rendendo, invece, grotteschi coloro che per sentirsi forti hanno bisogno di ammantarsi di apparati ideologici, finendo addirittura col credersi dei o demoni.

Altra caratteristica interessante nel romanzo di Vergnani, infatti, è la voce ironica del protagonista che si rivela un'arma forse più potente della prestanza fisica e di altre virtù, tanto da essere risolutiva durante il duello finale con il proprio doppio malvagio (Jaromir è il Doppelgänger della Sentinella) quando gli evita di cadere nel più pericoloso dei tranelli: accettare di diventare "l'Eletto", ovvero ciò che l'Avversario si attende da lui, e soccombere così all’orgoglio (il peccato di Lucifero).

È dunque questo che, oltre al ritmo narrativo e alla tensione di alcune scene, ho apprezzato ne La Sentinella e che mi farà leggere altre opere dell'autore: lo sguardo ironico, talvolta dissacrante, e l'idea che la potenza sovversiva della semplicità umana, con le sue debolezze e i suoi limiti, sia davvero l'unica cosa per cui valga la pena combattere. 


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